Pesca subacquea

Millenovecentosessanta,
Sicilia, a Capo Murro di Porco
la scogliera, piatta e sommersa,
è costellata di profondi pozzi
dal candido fondale sabbioso,

a pelo d’acqua li sorvolo adagio
con lento movimento di pinne,
respiro piano attraverso il boccaglio,
il Cressi in pugno, nel silenzio sospeso
mi batte in petto l’unico rumore.

Ed ecco, su un fondale bianco,
l’improvviso guizzare luminoso
d’un branco di saraghi imperiali,
i corpi argentei striati di nero,
piccole zebre galoppanti nel mare

corrono, radendo il fondo in tondo,
una giostra sommersa e silenziosa
che, incantato, rimango a osservare,
poi, come guidato dall’istinto,
m’immergo piano, il dito sul grilletto.

L’occhio, la spalla, il braccio, l’asta,
l’arpione in cima, pronto a scattare,
un flop leggero e la sagola si srotola,
come impazzito si disperde il branco
correndo rapido le pareti del pozzo,

mentre recupero la sagola, poi l’asta
e tre saraghi che si agitano piano,
certo per il dolore, la sorpresa, il terrore
che mi paiono urlare gli occhi tondi,
che sembrano fissare me, e il mare.

Non so se si arrossisca in fondo al mare,
non so se fosse sangue o se vergogna,
ma svito piano la punta dell’arpione,
e con due dita spingo le creature,
che guizzando si uniscono alle altre.

Riemergo piano, pinneggiando piano,
a scoprirmi due lacrime brucianti,
forse di sale, e forse sono morti
gli ultimi pesci che mi hanno incontrato,
nel loro mare, con un’arma in pugno.

10 agosto 2024