Guardiamo e il nostro sguardo non scava,
e i nostri giorni trascorrono ciechi.
Leggiamo per far passare il tempo
e le parole non ci lasciano un seme.
Viaggiamo trasportati in ogni dove,
senza sapere cosa c’è nel mezzo.
Non ci chiediamo chi coltiva il cibo,
ci nutriamo di vite sconosciute.
Il nostro sguardo si crede curioso,
ma è solo un ficcanaso senza scopo.
Le parole ci scorrono davanti,
servono solo a poter dire -ho letto-.
Comperiamo l’ingresso in autostrada
ma è un computer a dirci dove andare.
Sappiamo il nome di attori o chef famosi,
ma chi ricorda Carlo, il contadino?
Carlo che ha speso l’anima e la schiena
perché il suo mondo non dovesse morire
perché d’estate il suo grano ci ubriacasse
la mente e gli occhi abbagliati da quell’oro.
Isa, sua moglie, che ha preparato il pane,
rammendato e lavati i panni a Carlo,
ha avviato i suoi cuccioli a una vita
diversa dalla loro, meno ingrata.
Non ci chiediamo chi coltiva il cibo,
ci nutriamo di vite sconosciute.
5 giugno 2020