Devo essermi perso qualche puntata della storia, fatto sta che non mi ci trovo più, ho perso il filo, diciamo così. Insomma, stavo leggendo un bel romanzo, ero arrivato alla pagina 343 trovandolo anche interessante, denso…
continuaDevo essermi perso qualche puntata della storia, fatto sta che non mi ci trovo più, ho perso il filo, diciamo così. Insomma, stavo leggendo un bel romanzo, ero arrivato alla pagina 343 trovandolo anche interessante, denso. Volto pagina e dopo la 343 il libro mi presenta la pagina 398. Controllo, torno alla pagina precedente, niente da fare: personaggi scomparsi, nuove entrate, atmosfere irriconoscibili, obbiettivi dei vecchi protagonisti spariti dal racconto. Era una storia interessante, almeno fino alla pagina 343: era ambientata qui in Italia, narrava le vicende di un popolo uscito da un periodo tenebroso e tragico quanto mai, ma che piano piano, guidato da uomini e donne appassionati e saggi, lungimiranti e decisi, magari poco fantasiosi ma credibili, stava imparando a prendersi le proprie responsabilità, a lottare per una vita dignitosa della quale poter essere orgoglioso. Ero arrivato al punto in cui le Masse, nebulosa umana dai contorni definiti sostanzialmente dal basso reddito, avevano ottenuto buona parte di ciò a cui aspiravano, nonostante una sostanziosa parte dell’altra nebulosa umana, quella dei Nemici di Classe, avesse mandato al governo una serie di personaggi discutibili, oltre a un certo numero di infiltrati, per impedire che ciò avvenisse. Tra l’altro era un punto della storia molto appassionante: i Cattivi, diciamo così, erano stati estromessi dalla stanza dei bottoni, chi costretto in galera e chi sistemato in posizioni arretrate, di modo che non facessero più danni. Avevo letto anche la storia tragicomica di un intrattenitore televisivo che era riuscito per un po’ di tempo a spacciarsi per uno statista, alla guida di una sorta di partito messo insieme raccogliendo tutti gli scarti delle altre formazioni politiche. Lì la storia era scaduta un tantino, rasentando certa letteratura di basso conio, a mezza strada tra un Harmony e una pecoreccia imitazione del D’Annunzio in orbace. Poi però il racconto aveva ripreso quota, e pareva proprio che le famose Masse, la cui sorte mi aveva coinvolto parecchio, avessero ripreso in mano il destino proprio e anche quello della nazione. Ora, c’è qualcuno in grado di raccontarmi cosa accidenti è successo nelle pagine tra la 343 e la 398? Perché io non mi ci raccapezzo più: lascio le Masse più o meno vincenti, e più o meno compattate dal successo e dai risultati ottenuti, per ritrovarle esplose in una galassia di gruppi e gruppetti come nella parte del libro ambientata nei primi anni 70, ognuno convinto di essere l’unico titolato a dirsi Partito della Sinistra. Sono andati al governo, mi pare di capire: al governo e contemporaneamente all’opposizione, data la frammentazione. Nel frattempo qualcuno ha fatto sparire le fabbriche, che nella prima parte del libro erano le roccaforti di quelle Masse, presidiate dai sindacati che, al momento, non mi è più chiaro che cosa presidino, se si esclude piazza San Giovanni, come leggo qui. Cerco invano traccia delle Tute Blu, agguerrito nucleo fondante della sinistra ante pagina 343, ma non c’è più traccia neppure dei suoi riti e luoghi unificanti, quelli nei quali per buona parte del romanzo le Masse si ritrovavano, discutevano, si contavano, si coagulavano. Giocavano a scopone, cantavano e ballavano, anche, al profumo delle salamelle e del Lambrusco, insomma: si riconoscevano e si costruivano come popolo di sinistra, magari un po’ provincialotto, ma sul quale l’Italia poteva contare per non perdersi dietro sogni di quarte sponde, pifferai magici e venditori di fumo. Scusatemi, ma io, alla pagina 398 e seguenti, non so più che fine abbia fatto tutto ciò che avevo letto prima: se qualcuno ne sa qualche cosa, se ha una copia del libro intera, nella quale ci siano anche le pagine che a me mancano, mi faccia delle fotocopie per favore, oppure le scansisca, o come diavolo si dice, e me le mandi con una email. Il mio indirizzo è da qualche parte, qui attorno, se cercate bene lo trovate. Anche perché ciò che sto leggendo ora non è di grande interesse, non si sa dove vada a parare, i personaggi sono indefiniti, non è più chiaro da che parte stiano. Soprattutto non si capisce chi è di destra e chi è di sinistra, ci sono addirittura degli operai che fanno discorsi di destra, perfino razzisti, e degli imprenditori che citano Marx; sindacati uniti che urlano e si uniscono, così poi si dividono e poi si arrabbiano e minacciano sfracelli mentre da sotto il palco li fischiano. Come se quelli sul palco fossero ante pagina 343 e quelli sotto post pagina 398. Intanto quelli che prima erano i padroni stanno a chiacchierare amabilmente con quelli che dovrebbero essere i loro antagonisti infuriati, visto che in questa seconda parte della storia i padroni pare che facciano sì i loro interessi come sempre, però da tutt’altra parte e non qui in Italia. Devo dire che, così come sembra che sia andata, la storia per me ha perso ogni fascino. Quelli poveri davvero che c’erano nella prima parte del libro sono gli unici personaggi che ho riconosciuto, mi pare che siano sempre lì anche nella seconda, forse sono addirittura cresciuti di numero; i depositari degli ideali che mi avevano appassionato li ritrovo allineati contro le pareti come le cariatidi di Palazzo Reale: che razza di romanzo è? Lasciate perdere, non fotocopiate, non speditemi nulla. Più tardi faccio un salto in libreria, a vedere se è uscito qualcosa di nuovo di Arto Paasilinna.