Poker
Le umide froge frementi
nel cavo della mia mano
a cercare affetto a trovarlo
Il viso appoggiato al legno
perché un animale ha un viso
è l’uomo cattivo che ha un muso
Gli occhi spalancati e profondi
nel buio del box aspettava
il mio ritorno dalla città
dalle chitarre e il rumore
dalla mia sacca aperta
una zolletta alla volta pescava
Poker trottatore fallito
riottoso destinato al macello
comperato per poco
si è piegato alla sella
al mio peso al mio odore
lui nero come l’inferno
Mi ha fatto battere il trotto
sul suo trotto sbagliato
tra le scacchiere dei pioppi
e i lunghi filari di viti
i navigli tra i campi
e il velo di nebbia al mattino
Dalla staccionata del paddok
mi guardava insegnare
l’intransigente Caprilli
a segretarie e dottori
in giri di giostra noiosi
mentre lui divertito rideva
Attendeva impaziente la sella
e la nostra corsa scomposta
ignara di regole e fretta
di dressage di sprone e frustino
solo l’erba a frusciare al garretto
ignari del male che ci avrebbe divisi
Non ho più montato da allora
non ho più potuto e voluto
non ho più accarezzato un cavallo
non era come cambiare la bici
e abituarsi a una sella
io non so sostituire un amico
7 giugno 2021