Statale 412,
grigia fettuccia d’asfalto
tra le altre mille tracciate
nell’opulenta pianura
che si illude nazione,
per grazia limacciosa e incolpevole
di un povero fiume inquinato.
In fila sul bordo della strada,
in fila da dove, per dove,
in fila da una cascina al nulla,
da un paese, a un’altra cascina,
a un nulla che li accolga impietoso,
per il riposo dovuto agli schiavi,
perché possano esserlo ancora.
In fila verso un tempo libero
ricolmo di vuota solitudine.
In fila loro unici a piedi,
sfiorati dall’indifferenza
che abita le auto sfreccianti,
insulti diretti verso casa,
vacanze, lavoro, riposo.
A piedi loro soli, sfiancati
attrezzi da fatica viventi
a dispetto della vita patita,
in fila, a spiegare il confine
tra i campi lavorati e l’asfalto,
a segnarlo con la loro presenza
nera sotto il sole, in fila.
13 settembre 2020