XXXII^
8/2/2015

Ricevo da tempo la News di MicroMega, con il risultato di provare un crescente fastidio per l’insopportabile aura di petulante e arrogante saccenza soffusa dal direttore…

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Ricevo da tempo la News di MicroMega, con il risultato di provare un crescente fastidio per l’insopportabile aura di petulante e arrogante saccenza  soffusa dal direttore, Paolo Flores d’Arcais. Ormai riesco solo a immaginarmelo con il ditino dissenziente perennemente in moto come un minuscolo tergicristallo, nel tentativo di togliere schizzi di dabbenaggine accecante o di malafede fangosa dai nostri occhi di sinistrorsi normodotati. Nel saggio di apertura dell’almanacco 1/2015 egli dice come non debba esistere nessun limite alla libertà di satira e di espressione “perché essa sarà sempre vissuta da qualcuno che ne è oggetto come offesa”; e a me pare che, detta così semplicemente, sia come asserire che vada difesa la libertà di offendere. Prosegue sostenendo che “senza libertà di offesa, fino al sacrilegio, saranno i devoti e i fanatici a decidere sulla libertà di critica”. A parte il fatto che una dichiarazione del genere, dal mio personale punto di vista, è già di per sé una bella manifestazione di fanatismo, siamo proprio così sicuri che la libertà di critica, e anche di satira, coincida così piattamente, aggiungerei anche obbligatoriamente, con l’offesa dei sentimenti e di ciò che per altri esseri umani rappresenta il sacro? Egli sostiene anche che le sue argomentazioni sono un modo per replicare ai paladini della “libertà sì, ma…”, quelli che, sempre secondo lui, hanno trovato nel “solito papa Francesco la loro bandiera”. Ora, le mie bottiglie non navigheranno mai abbastanza da poter raggiungere l’occhio indaffarato di Flores d’Arcais, questo è fuori di dubbio, ma a me basta condividere i miei dubbi con i pochi naufraghi che ne trovano una di tanto in tanto, camminando e cogitando sul litorale dell’esistenza. Per me, chiunque deve essere libero di urlare al cielo ogni tipo di stupidaggine o di pensiero geniale, senza per questo venire censurato, incarcerato, tantomeno assassinato. Il signor Chiunque non può però pretendere che la sua stupidaggine o la sua genialità, stampate in mille copie o scagliate al cielo, non vengano criticate e giudicate con la stessa libertà. Così come non si può pretendere che chi viene offeso in un modo per noi legittimo non ci ripaghi in un modo per lui legittimo: sono le due facce della stessa moneta, e non esiste moneta che non abbia due facce. La stessa moneta, però, non un machete, un mitra, una iniezione letale, un missile, un farmaco negato, un fiume deviato, un sottosuolo depredato…Ecco – direi a Flores – vede come a volte i discorsi, le azioni, le reazioni, i torti, le ragioni, si comportano come un fiume carsico che affiora qua e là, senza preavviso, con effetti che possono essere non solo paesaggistici, ma anche devastanti, tragici, imprevedibili? E’ ovvio che non sto sostenendo che i sanguinari terroristi che hanno sterminato la redazione di “Charlie Hebdo” abbiano qualche giustificazione, perché sono sempre più convinto che a loro servano solo pretesti e spesso neppure quelli; oppure, peggio ancora, che quei giornalisti “se la siano cercata”, e questo per il banale motivo che non giustifico nessun tipo di assassinio, per nessuna ragione o provocazione subita. Dico solo che al mondo siamo sette miliardi di persone, unite solo dall’IPad, aggeggio che grazie all’ISIS ci sta terrorizzando ancor più che la scimitarra dell’Islam. Un’arma che ci porta fino in casa le allucinanti decapitazioni, certo, ma eseguite nelle pietraie invivibili in cui lasciamo vivere e morire una infinità di persone che dell’ISIS sono le prime vittime. Un gadget che, in mano a uomini con piedi calzati nei sandali, turbante in testa e coltello in pugno, si sta dimostrando molto più micidiale, come arma di demolizione delle nostre tranquille certezze, dei gas che gli eserciti occidentali ci raccontarono di essere andati a cercare in Iraq. Ritenere tutto questo una doverosa quanto dolorosa riflessione su ciò che sta accadendo, (e non “ci” sta accadendo), non significa non essere determinati a opporsi a qualsiasi forma di terrorismo. Invece questo è l’atteggiamento che i numerosi e puri alfieri della libertà d’espressione tout court imputano a chi rifiuta di appiattirsi pedissequamente sul “Je suis Charlie”. Io, per esempio, ma credo davvero anche moltissime altre persone, ho scelto un meno  elitario “Je suis EVERY Body”, che certamente contiene anche i poveri vignettisti, ma non esclude nessun altro ucciso, torturato per le sue idee, o anche solo per essere nato sulla sponda sbagliata di un mare, di un oceano. Oui, je suis EVERYBODY, e pazienza se verrò arruolato d’ufficio, io, agnostico errante, nelle truppe del “solito papa Francesco”: meglio lui che gli integralisti atei come Paolo Flores d’Arcais. E smettiamola di raccontare che si sta difendendo la libertà d’opinione, pilastro della democrazia: la libertà d’opinione è bene che cominci a difendersi da se stessa.