poi per la piana al quieto sole opaco
stretto impetuoso largo pigramente
il fiume andava a Corte Sant’Andrea
passando nella vita della gente
tagliava in due i paesi sotto i ponti
correva il greto levigando i sassi
e riempiva le vasche ai fontanili
ricopriva di muschio i tronchi scuri
e muoveva i mulini come un tempo
e passava con forza nelle chiuse
tranquillo si stendeva nelle anse
tra radici di salice e di pioppo
la carpa e il luccio e sopra tra le foglie
uccelli e a pelo d’acqua le libellule
blu come è blu la piuma del pavone
le cascine arrivavano alla riva
con l’aia e i muri con il segno scuro
di piene a primavera e gli animali
bevevano e dentro l’acqua noi come le trote
come sembra lontano ed è vicino
non son poi molti gli anni da quei giorni
e ancora viene giù dal monte a valle
ma è diventato il simbolo di un tempo
corre come un presagio e con sé porta
le scorie di una stupida ricchezza
come una melma spessa che ci copre
che offende l’aria e uccide chi si accosta
sulle rive dai rami pende inerte
la plastica che avvolge il nostro cuore
e quel liquido scuro e serpeggiante
è come il sangue di un malato a morte
come vena in un corpo che marcisce
diffonde intorno il male il vecchio fiume
spande la sua cancrena sulla pelle
di un mondo che ha voluto la sua sorte